Chi è questa bella giovane donna? Una modella? Una che fa parte dello show business? Niente di tutto questo. Allora vi dico il nome, Barbara Bonansea. E scommetto che a quasi nessuno di voi questo nome dice qualcosa…
Bene, questa ragazza ha quasi 30 anni, anche se sembra più giovane, ed è una calciatrice, anzi è la “bomber” del calcio femminile italiano, attaccante esterna col vizio del gol.

Ma come, Vittorio? Non scrivevi solo di atleti che hanno smesso? È vero, ma ho fatto un’eccezione per Zlatan la settimana scorsa e ne faccio un’altra per Barbara oggi. Come dire, per simmetria narrativa. Un uomo famosissimo e una donna che non conosce quasi nessuno, ma entrambi accumunati dallo stesso sport, il calcio. Solo che per gli uomini come Zlatan il calcio è sì gioco e passione ma anche e in percentuale molto elevata, forse dominante, business e soldi.
Mentre per una come Barbara il calcio non può che essere solo passione. Perché il calcio femminile in Italia ha una visibilità sui media prossima allo zero e fa girare ben pochi soldi. Al contrario di ciò che avviene in molti altri paesi europei e negli Stati Uniti, dove il calcio femminile è in pieno boom di praticanti e di attenzione sui media.
Dunque com’è che a una ragazza viene in mente di praticare uno sport tra i più prettamente maschili e maschilisti? (Maschilisti nel senso che si tratta di un territorio dove le donne in genere hanno un ruolo, diciamo così, decorativo). Ci arriviamo, ma prima parliamo del ruolo delle donne nelle trasmissioni che raccontano il calcio.
Una volta non c’erano proprio, poi è arrivata – una trentina di anni fa – Alba Parietti che, seduta sul famoso sgabello della trasmissione Galagoal, parlava di calcio, intervistava giocatori e soprattutto metteva bene in mostra le sue belle gambe (niente da dire, proprio belle). Buona parte del successo di quella trasmissione era senza dubbio dovuto alla presenza dell’Alba nazionale, a tanti antipatica (a me no), ma sicuramente donna di forte impatto mediatico.
Da lì in poi, in tutte le trasmissioni che parlavano di calcio, c’è stata la presenza fissa di una bellona più o meno scosciata e scollata, generalmente relegata al silenzio più totale condito di sorrisini ammiccanti o, al più, a presentare l’immancabile “esperto” maschio. Assolutamente della serie donne oggetto. L’unica che è uscita dal cliché della bellona da arredamento è stata Ilaria D’Amico, giornalista reale e bella donna (a me comunque come giornalista non mi entusiasma per nulla).
Oggi a spopolare in queste trasmissioni e sui social è Diletta Leotta, gran bella ragazza – per carità – ma che non fa nemmeno finta di fare la giornalista. Lei è in quelle trasmissioni col dichiaratissimo scopo di esibire sé stessa. Una nota di bellezza femminile tra tanti maschioni muscolati e tatuati o un orpello da ostentare per aumentare l’audience? A voi care amiche l’ardua sentenza, che per me è ovvia. Ma questo è un altro discorso…
Torniamo a Barbara. Nasce a Pinerolo nel 91. È una bambinetta magrolina, vivacissima e piena di energia, “un maschiaccio” si direbbe con espressione un po’ stereotipata. Gioca in cortile e in campetti improvvisati con il fratello e i suoi amichetti, così, per puro divertimento.
Poi un giorno accompagna il fratello ad un allenamento nella squadra di un paesino dei dintorni e l’allenatore le dice di entrare in campo e giocare pure lei. Un puro caso (ricordate i racconti su Sara Simeoni e Valentina Vezzali?).
Lei è abituata a giocare con i maschi e dimostra subito di saperci fare. L’allenatore della “Bricherasio” ci resta di stucco e capisce che quella ragazzina va incoraggiata a continuare. Voilà, il caso si trasforma in vita!
Racconta che i genitori assecondano la sua passione e così tre volte alla settimana, con qualsiasi tempo, l’accompagnano al campo di allenamento a un’ora di macchina da casa. Sacrifici? Forse anche. Ma la realtà è che la ragazzina si diverte da morire ed è proprio brava! Gioca con i maschi, che vuol dire anche contro i maschi e contro lo scetticismo o lo scherno degli adulti. Ma mette tutti a tacere, perché come dice lei “il gioco è sempre lo stesso” e lei lo sa fare.
Da lì in poi è tutta un’escalation. Prima le giovanili del Torino, poi il debutto in Serie A, sempre con il Toro, poi il Brescia, dove viene trasformata definitivamente in attaccante esterna, sfruttando le sue doti di scatto, il dribbling secco e l’imprevedibilità.
Infine la Juve, sua squadra del cuore da sempre. Il coronamento di un sogno. Nella Juve si afferma definitivamente; vince scudetti e classifica dei cannonieri, pardon, delle cannoniere.
Ma in realtà non la conosce ancora nessuno perché, come dicevo poc’anzi, il calcio femminile nel nostro Paese non se lo fila nessuno. A livello di risultati la Nazionale italiana femminile paga la mancanza di interesse del Paese verso le ragazze che giocano, quindi paga la limitatissima base di atlete praticanti. Giocatrici che, salvo poche, non hanno la possibilità di fare le professioniste che vivono di sport, e che quindi devono fare enormi sacrifici per conciliare allenamenti e lavoro.
Metteteci pure un presidente di federazione, quel Tavecchio che mi chiedo come abbia fatto ad essere eletto in quel ruolo dal momento che si trattava di un mentecatto, maleducato e semi analfabeta, che etichettò le donne che giocano a calcio come “quattro lesbiche sfigate”, e capirete le condizioni anche psicologiche delle nostre ragazze! (Per fortuna Tavecchio è stato silurato nel 2017, ma resta lo schifo che uno così abbia rivestito un ruolo così importante nello sport).
Ma poi arriva una CT capace e grande motivatrice, Milena Bartolini, che forma un gruppo coeso, determinato e con qualche individualità di grande qualità tecnica (Bonansea su tutte). E arrivano i mondiali in Francia nell’estate del 2019 che la RAI, per fortuna, trasmette. Ed ecco che l’Italia, con molta sorpresa, si ritrova a guardare le donne che giocano a calcio.
Quella Nazionale suscita immediatamente simpatia. Ragazze belle, simpatiche, piene di grinta, che giocano divertendosi e facendo divertire.
Barbara è chiaramente la leader di quella squadra insieme alla capitana Sara Gama. Gioca a tutto campo, segna, e si dimostra una giocatrice di livello internazionale.
L’Italia femminile supererà un difficile girone di qualificazione e poi la Cina nel primo scontro diretto, per finire la sua avventura, battuta dal Belgio, nei quarti di finale. È stata grande l’ondata di simpatia e interesse suscitata dalle imprese delle nostre ragazze ai mondiali francesi e si sperava che quello fosse un punto di partenza per la crescita del movimento.
Bisogna dire che non sta andando in questo modo. Lo spazio per il calcio femminile in TV e sui media è tornato quasi nullo ed è un vero peccato perché all’estero invece il calcio femminile continua a crescere e coinvolge un numero sempre più alto di ragazze.S
e posso azzardare anche un mio personale giudizio, sulla base di qualche partita vista in quei mondiali 2019, è assurdo fare paragoni con gli uomini, ma il calcio femminile è assolutamente divertente e piacevole da guardare.
Comunque chapeau alla Bonansea e alle sue compagne che continuano a battersi nel loro sport con grinta e dedizione. Barbara poi è una ragazza discreta che non spiattella su Instagram tutti i cavoli suoi. Se pensiamo per esempio anche alle molte arbitro donne che si stanno affermando nel calcio maschile – e che si fanno ben rispettare – abbiamo uno spaccato di un mondo femminile nello sport che piace molto di più delle bellone da esibire mezze biotte nelle trasmissioni da bar. Perché agonismo e femminilità possono andare assolutamente d’accordo e l’emancipazione passa anche dal calcio.
Qui sotto trovate la versione video del mio articolo realizzata da Woman Times, che ringrazio.