Hana e Jana, una storia di bellezza e di fragilità

Nel Rinascimento, per qualche strano motivo, in pochi anni e in uno spazio di pochi chilometri quadrati sono nati alcuni dei massimi geni dell’arte nella storia dell’umanità. Michelangelo, Leonardo, Raffaello, tanto per citare i tre nomi più universalmente conosciuti.

La Repubblica Ceca è un piccolo Paese, e per qualche strano motivo è da sempre una fucina incredibile di talenti tennistici, un po’ come l’Italia rinascimentale per l’arte.

Da Drobny a Kodes a Lendl in campo maschile (e tantissimi altri, diciamo così, minori); da Martina Navratilova a Lucie Safarova e attualmente Petra Kvitova e Karolina Pliskova in campo femminile.

Ma chi non ho citato? Loro, le due regine della bellezza e della fragilità: Hana Mandlikova e Jana Novotna. Hana del 62, Jana del 68.

Hana Mandlikova
Hana

Due talenti purissimi che negli anni a cavallo tra gli 80 e i 90, hanno veramente dato spettacolo su tutti i campi del mondo.

Diciamo la verità, il tennis femminile di oggi è abbastanza noioso. Ragazze che giocano tutte nello stesso identico modo, fatte crescere con lo stampino nelle academies dove si insegna un tennis “efficace”, in cui c’è pochissimo spazio per la creatività. Ecco, Hana e Jana di creatività, fantasia, immaginazione, ne avevano tantissima, forse anche troppa.

Cominciamo da Hana. Di lei Rino Tommasi – uno dei grandissimi del giornalismo sportivo – disse: “l’essere umano con più talento che sia mai entrato su un campo da tennis”. Quando vinse da giovanissima il Torneo dell’Avvenire a Milano, il presidente del Circolo raccontò: “se mai ho sofferto della Sindrome di Stendhal è stato quando ho visto giocare Hana”. Questi due giudizi riassumono perfettamente cosa fosse Mandlikova.

Purtroppo io non l’ho mai vista dal vivo, ma in TV molte volte e me la ricordo molto bene; il fisico atletico ma minuto, le gambe lunghe e veloci, sapeva fare tutto con facilità disarmante. Ogni suo colpo era una sorpresa, una creazione istintiva; nella testa e nel braccio aveva soluzioni che per le altre non erano neppure pensabili. Arte applicata allo sport.

Hana da ragazzina era cresciuta all’ombra (ingombrante) della già celebre connazionale Martina Navratilova ma, per nulla intimidita, aveva semplicemente detto che lei sarebbe diventata più forte. E appena si affacciò al grande tennis, la rivalità fra le due esplose prepotentemente.

Nate nella stessa città, Praga, cresciute nello stesso circolo, entrambe hanno abbandonato il loro Paese, ancora sotto la dittatura comunista, molto giovani (Martina diventando cittadina americana, Hana australiana), entrambe dichiaratamente omosessuali, entrambe straordinarie.
Ma, semplicemente, non si sopportavano.
Con una grande differenza che molto ha influito sulle rispettive vicende agonistiche: Martina, almeno dal punto di vista fisico, un po’ meno dal punto di vista psicologico, era una roccia e la sua carriera fenomenale è durata tantissimo, Hana invece era fragile.

Continuamente perseguitata da infortuni e problemi fisici dovette prendersi lunghi periodi di pausa dai tornei e appese definitivamente la racchetta al chiodo a soli 28 anni, stufa di dover lottare contro il suo fisico più ancora che con le rivali.

Nei pochi anni di attività “da sana” ha vinto 27 tornei in singolare di cui 4 Slam (e altre 4 finali Slam perse) e 19 titoli di doppio, tra cui un US Open proprio insieme alla rivale di sempre, Martina (per una volta riconciliate a favore dei media e degli sponsor).

Nelle giornate in cui stava bene ha letteralmente asfaltato qualsiasi rivale; nell’81 la Evert (la più forte di tutte su terra rossa in quegli anni), uscendo battuta da una semifinale a Roland Garros, disse: “mai visto un fenomeno così”.

E tuttavia Hana chiuse la sua breve carriera senza riuscire a vincere il torneo più prestigioso, quello a cui teneva di più, Wimbledon, il tempio del tennis.

E qui entra in gioco Jana Novotna. Ceca di Brno, anche lei grande talento, attaccante nata, una delle pochissime donne a fare sistematicamente serve and volley (come la Navratilova d’altronde).

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Jana

Jana non è fragile nel fisico, Jana è fragile nella testa e quel suo attaccare continuo è frutto della grande bravura a rete ma le serve anche per risolvere rapidamente il punto più di istinto che di pensiero. E per sottrarsi all’ansia del confronto prolungato. In ogni caso Jana è fortissima, una top player, ma perde le finali importanti; se la fa sotto, le viene il braccino, la classica paura di vincere che fa impazzire i giocatori di tutti i livelli su tutti i campi del mondo.

Nel 93, in finale a Wimbledon, è avanti nel terzo set con Steffi Graf (ecco, lei la paura di vincere proprio non sapeva cosa fosse) 4 – 1 e 40 – 30 nel terzo set. Insomma, ha quasi vinto. Ma nel tennis il quasi non esiste. Steffi la rimonta e la schianta con tutta la ferocia agonistica che ha sempre avuto. Jana esce dal campo in lacrime, le sconfitte bruciano sempre, ma una sconfitta così, a un passo dalla gloria (tennistica) eterna fa ancora più male. E così matura in lei la decisione di affidarsi a Mandlikova come coach.

Le due ragazze si conoscono da anni, hanno fatto parte dello stesso team, si sono allenate insieme mille volte. Jana capisce che la spigolosa connazionale può finalmente aiutarla a scacciare le sue paure. Difficile che ci sia vera amicizia fra due giocatori o giocatrici fintanto che si è nel pieno dell’attività agonistica, la rivalità pesa.

Ma nel nuovo rapporto che si crea tra le due ragazze, entrambe con caratteri tutt’altro che facili, dopo tanti anni di conoscenza, nasce un’amicizia vera.

E finalmente nel 98, a 30 anni, alla quarta finale di un torneo Slam, alla terza sui campi londinesi, Jana, con il supporto e i consigli dell’amica coach, riesce a coronare il suo sogno e trionfa a Wimbledon. Fu certamente la vittoria di Novotna ma, molto, fu anche la vittoria di Mandlikova, quella vittoria che non era riuscita a conquistare da giocatrice.
I due talenti, insieme, avevano dato un calcio alle loro fragilità.

Novotna muore di tumore nel 2017 a soli 49 anni. Mandlikova vive negli USA e insegna tennis. C’è da sperare che riesca instillare nei suoi allievi anche solo un pizzico del suo talento e di quello della sua amica Jana.

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